INTERVISTA A LORENZO CREMONESI

ISMED-Mediazione / ADRMEDLAB - Interviste di Francesca Chirico
Lorenzo Cremonesi
, inviato speciale del Corriere della Sera sui teatri di guerra, analista di lungo corso ed esperto dei conflitti mediorientali, anche in questa occasione ci fornisce una chiave di lettura in tempo reale di quello che accade nelle crisi geopolitiche, concentrandosi sull eprospettive e i limiti dell’accordo tra Israele e Hamas proposto da Donald Trump e presentato come “storico”.
Nel suo libro Guerra Infinita, del quale parleremo alla Settimana della Mediazione 2025 "Voci dai conflitti", evidenzia la distanza tra la retorica politica e la realtà vissuta dalle popolazioni sottolineando la necessità di processi multilaterali e inclusivi.

"Non vogliamo chiamarlo genocidio? Chiamiamolo massacro, chiamiamolo sterminio, chiamiamolo pulizia etnica, non so come altro definirlo. Ma senz'altro è una tragedia epocale, come non se n'erano mai viste. Neanche ai tempi della Nakba del 1948 - al momento della nascita dello stato di Israele - erano morti così tanti palestinesi"


In questa breve intervista ci ha parlato con lucudità di un accordo che, nella totale assenza di alternative, sembra l'unica via percorribile.

Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere della Sera, analista di un lungo corso su tutti i conflitti, soprattutto quelli mediorientali. Ha seguito da vicino tutte le dinamiche sul terreno.
Pochi hanno la fortuna di poter avere una chiave di lettura in tempo reale di quello che accade nelle crisi geopolitiche da una voce autorevole come la tua, quindi noi ci godiamo questo privilegio. Grazie, Parleremo tra qualche giorno del tuo libro Guerra Infinita all’Università Mediterranea per la Settimana della Mediazione; nel tuo libro evidenzi bene la distanza tra la retorica politica e la realtà vissuta dalle popolazioni. Oggi volevamo chiederti soltanto un flash rispetto a quanto è accaduto in queste ultime 48 ore. Volevano commentare con te l'accordo tra Israele e Hamas proposto da Trump e presentato come storico e che, forse, con tutte le vicende anche legate alla missione della Flottillia è stato poco commentato. Alla luce delle tue analisi, quanto è credibile e sostenibile questo accordo, ammesso sempre che Hamas lo accetti? Accordo che è nato in un contesto così ferito senza processi che riconoscono tutti gli attori che hanno una capacità di veto e di impatto sul terreno.
Mi colpiva una cosa sulla quale vorrei ragionare con te: da mediatore mi sarei aspettata che un negoziato come questo fosse strutturato su un tavolo multilivello, quindi, mediatori primari come l'Egitto o il Qatar; garanti tecnici come l'ONU; un gruppo di supporto regionale che potesse pensare a maggiori incentivi o comunque potesse garantire delle clausole di sicurezza.

Insomma, dal punto di vista negoziale sembra tutto sbagliato, allora ti chiedo tu come avresti condotto questo negoziato e cosa pensi di questo accordo? Soprattutto, quanto è credibile e quanto è sostenibile?

In tempi normali nessuno avrebbe accettato questo accordo. È una trumpata, l'ennesima trumpata. Come quando Trump annuncia ai quattro venti i suoi famosi sette accordi di pace, che poi di fatto sono uno o due o come quando Trump aveva annunciato che avrebbe risolto la questione russo-ucraina in 24 ore e, invece, siamo ancora lì con la guerra che è infuria più che mai; o come quando  aveva annunciato il famoso progetto - per tornare al nostro tema - su Gaza. Appena arrivato alla Casa Bianca, il 20 di gennaio di quest'anno, aveva annunciato il suo il suo famoso piano di Gaza Beach, Gaza riviera, addirittura il piano era quello di espellere tutti i palestinesi. Quindi in tempi normali l'avremmo preso molto male. Sarebbe stato probabilmente condannato da tutti. Ma non sono tempi normali, da praticamente da 2 anni.
Mancano 5 giorni al secondo anniversario tragico del 7 di ottobre e poi subito dopo la terribile repressione israeliana sui palestinesi sia a Gaza che in Cisgiordania. Ma soprattutto, secondo le cifre che vengono accettate da tutti a questo punto e diffuse dal Ministero della Sanità controllato da Hamas, a Gaza siamo arrivati a 66.000 morti. Soltanto nelle ultime 48 ore abbiamo superato i 100 morti. Terrificante! È in corso in questo momento il grosso assedio di Gaza City per spingere altri 700.000 palestinesi verso sud.
Insomma, la situazione è drammatica: non vogliamo chiamarlo genocidio? Chiamiamolo massacro, chiamiamolo sterminio, chiamiamolo pulizia etnica, non so come altro definirlo, ma senz'altro è una tragedia epocale; come non se n'erano mai viste. Neanche ai tempi della Nakba del 1948, al momento della nascita dello stato di Israele, erano morti così tanti palestinesi e c'era stato uno scempio tale di popolazione, quello che chiamano un casicididio, la distruzione metodica di interi nuclei urbani per rendere invisibile la Striscia di Gaza. Davanti a questo scenario così terrificante, anche il piano di Trump va bene.
L'Europa, come sappiamo, non si è mossa o comunque non si è mossa collettivamente. Si muove in ordine sparso, non c'è una controproposta europea, non ce n'è una russa, non ce n'è una cinese e quindi il piano Trump è l'unica cosa che c'è sul tavolo.
Probabilmente come analizzano sia gli americani e anche i giornali del Qatar, è un piano spinto anche da questa rabbia montante nei paesi delle monarchie del Golfo, specialmente nel Qatar dopo il ride contro Hamas, nella capitale del Qatar. La rabbia sia dei degli arabi moderati, degli arabi sauditi, degli arabi che erano pronti a un compromesso.
C'è una cosa importante di questo piano che lo salva: Trump cancella completamente la sua idea iniziale del trasferimento forzato, dell'espulsione, dei palestinesi da Gaza, accenna a un eventuale Stato palestinese, non dà un ruolo all'Autorità Palestinese che sta a Ramallah però dice che deve riformarsi e poi potrà averlo - certamente insiste sullo scioglimento di Hamas - ma contempla che il mondo arabo almeno gestisca Gaza.
Gaza non può essere soltanto in mano ai coloni, non può essere soltanto in mano agli estremisti messianici in Israele; deve tenere conto della presenza della popolazione locale. Da questo punto di vista ha una sua validità.
È l'unica soluzione, direi, perché tutto il resto è confuso, fatto male, è dozzinale. Però, questo punto è un punto centrale, molto più confuso è quello della presenza di una forza multinazionale con una forte presenza araba, giordana, egiziana.
Vediamo, ma comunque intanto chiede il blocco dei combattimenti previa liberazione degli ostaggi vivi o morti ancora nelle mani di Hamas e dei suoi alleati.
È l'unica cosa che c'è, e questo è veramente a discapito dell'Europa. Perché l'Europa avrebbe dovuto proporre un piano alternativo. L'Europa molto più critica nel condannare Israele. Non dimentichiamo che il Tribunale Internazionale dell'Aia, tutto sommato una emanazione europea, aveva chiesto addirittura l’incriminazione di Netanyahu. Voglio dire, l'Europa è molto critica nei confronti di Israele, però non ha presentato un piano compiuto, non c'è un piano coordinato. Non c'è nulla, gli americani invece sì. E, quindi, essendo questa l'unica cosa che c'è sul terreno e tra l'altro, se voi guardate anche sulla stampa internazionale, c'è grossa pressione dentro Gaza e nei territori palestinesi perché Hamas accetti. Hamas accetterà? Non accetterà? Non sappiamo, ma certamente, e questo è importante, una manifestazione degli aspetti positivi o comunque dei pochi aspetti positivi che questo piano ha, è la rabbia espressa dall'estrema destra israeliana, dagli stessi del Governo che in tutti questi mesi hanno tenuto in piedi Netanyahu. Se questa destra messianica criminale, violenta, vede nel piano una minaccia, allora vuol dire che c'è qualcosa di concreto ed è abbastanza positivo. Direi questi sono i due punti principali. Lo accetteranno? Non lo sappiamo, speriamo. Le ultime voci erano che non accettano, però prenderanno tempo, ne vogliono discutere.

Era davvero un flash. Peraltro l'ultimo passaggio sulla sull'opposizione interna a Netanyahu, quella della destra messianica rispetto all'accordo, è interessante perché forse, speriamo a Hamas accetti, poi la tenuta dell'accordo si gioca tutta quanta lì. Perché è difficile che Netanyahu riesca a tenere insieme tutti.

Non abbiamo nessuna certezza che l'accordo tenga, non abbiamo nessuna certezza che Netanyahu possa mantenerlo, se anche Hamas dovesse accettarlo. Il Governo in Israele potrebbe dividersi, potrebbe cadere il governo Netanyahu. Vediamo. Però, ripeto, è l'unica iniziativa che c'è sul tavolo.
A me ricorda molto la dinamica in Ucraina. Agli ucraini non piace Trump, sappiamo come Zelensky è stato trattato da Trump e Vance a fine febbraio, quindi pochi mesi fa, però gli ucraini hanno deciso che l'America era troppo importante e bisognava accettare ob torto collo, anche recalcitranti, quelle che erano le iniziative degli americani, affinché gli americani restassero con loro. E così mi sa che dovremmo fare anche noi: rifiutare il piano Trump direi che è poco salutare per i palestinesi, tenuto conto del fatto che l'Europa non sarà mai pronta a sostituirsi militarmente a quello che fa l'America.