Solidarietà e soccorso come genesi di pace in tempo di guerra


Sommario: 1. Disquisizione d’incipit. – 2. Dalle guerre alla pace positiva, tra solidarietà e soccorso. – 3. Explicit d’epilogo.

1. Un convegno dal titolo “Le guerre: solidarietà e soccorso alle popolazioni[1] è molto interessante e presenta molteplici piani e prospettive assiologiche su cui poter discutere. Vi confesso: non è stato facile individuare quella prospettiva che potrebbe essere specifica per le mie competenze e, nello stesso tempo, non essere eccessivamente noiosa per chi mi ascolta e/o mi leggerà anche rispetto agli altri interventi programmati.
Per facilitare la comunicazione su ciò che vorrei dire, partirò da una considerazione sui termini linguistici utilizzati per delineare e presentare il titolo del convegno, per poi focalizzarmi su quelli del mio intervento e tentare di giustificarne il senso.
Nel titolo del Convegno si individuano quattro parole chiave. 1) Guerre, 2) Solidarietà, 3) Soccorso, 4) Popolazioni.
Anche nel titolo del mio intervento ci sono quattro parole chiave. Due sono eguali (solidarietà e soccorso). Non c’è il termine Popolazione ma c’è il termine Pace … entrambe le parole (Popolazione e Pace) iniziano con la lettera P che in qualche modo le accomuna. E nel titolo del mio intervento c’è il termine guerra al singolare (anziché guerre al plurale come nel titolo scelto per il convegno).
Certamente le guerre con il Diritto Privato di cui io mi occupo accademicamente hanno poco a che fare; in realtà anche guerra al singolare nel mio campo accademico rasenta l’ossimoro. Già nel Diritto internazionale è difficile parlare di guerra come diritto; è molto più consono parlare di diritto umanitario e protezione[2].
Comunque, e in ogni caso, pur essendo oltre i confini del diritto privato, ritengo di dover dire in incipit qualcosa.
Non credo si possa ancora ipotizzare una guerra giusta (tanto spesso ancora declamata[3]); non è più tempo: c’è un tempo per tutto e c’è stato anche il tempo per questa idea di una “guerra giusta”; ma non è più il nostro tempo. Credo invece fortemente sia ora il tempo per la Pace come diritto dei popoli. Il mio Ateneo, la Mediterranea di Reggio Calabria, ha aderito alla rete RUNIPACE, la Rete delle Università italiane per la Pace promossa dalla Conferenza dei Rettori delle Università italiane e di cui io sono referente locale (ma non sono intervenuto, in questa sede, in questa veste); e certo non è questa la sede per parlare di ciò. Sono, come detto, oggi presente nella veste di cultore di diritto privato e di teoria generale del diritto, che ne è la base. Eppure, anche in questa sede, come giurista non posso non parlare di Pace quale ripudio giuridico della guerra, perché essa è strumento di offesa alla libertà dei popoli (diversi da noi) e causa di danno al valore della persona umana.

2. Torniamo, però, al percorso che vorrei proporvi per la spiegazione del titolo scelto.
Possono esserci le Guerre al plurale (come evidenziato nel titolo del convegno); ma alle guerre può seguire solo la Pace … non le Paci!! Pace non ha plurale.
Pace, del resto, non è solo assenza di guerre: ormai tutti riconoscono che la pace non è identificabile solo con la mancanza di conflitto bellico e/o la capacità di deterrenza politica, giustificando la corsa agli armamenti per perseguire e mantenere un equilibrio delle potenziali forze belliche presenti. Come delineato nella proposta di Johan Galtung[4],  si è ormai diffuso il concetto (ulteriore) di pace positiva, intesa come accettazione di una vita empatica tra gli uomini oltre i conflitti tra i popoli e i confini fisici e culturali tra essi (al di là di quella proposta dalla tradizione buddista[5] e dalla cultura cristiana[6]).
Certo, si costruiscono ancora oggi (oltre alle armi) anche i muri per prevenire i conflitti (come accadeva nei millenni scorsi); ma non sembra questa la vera soluzione. Se non si abbattono i muri non può esserci vera pace: non può arrivarsi all’altro e quindi non può esserci né comunicazione né soccorso né solidarietà se necessari.
Siamo così arrivati a incrociare gli altri due termini del nostro dialogare: solidarietà e soccorso.
Solidarietà. Anche questo termine non ha plurale, e almeno in questa dimensione si muove per simiglianza in direzione della Pace.
Solidarietà è però un termine specifico di diritto privato, indica la comunanza rispetto agli obblighi (solidarietà attiva o passiva), caratterizzata dal fatto che la prestazione può essere richiesta a uno solo o adempiuta nei confronti di uno solo della pluralità dei debitori e/o dei creditori, avendo effetto anche per gli altri.
Il concetto poi nella sua declinazione e applicazione storica, è stato esteso, come termine e significato, a referente sul piano etico e sociale, sino a far parte della Dottrina sociale della Chiesa Cattolica ed arrivare nella nostra Costituzione [7] e nel Capo IV della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea.
È interessante in questa sede evidenziare che il termine solidarietà si è spostato, in Italia, dal diritto privato verso il diritto pubblico in particolare, dopo la guerra del ’45, come termine di qualifica di un tributo straordinario: Contributo di solidarietà nazionale fu detto un tributo (straordinario) istituito dal d. l. lgt. 8 marzo 1945 n.72 per provvedere all’assistenza della popolazione sinistrata, alla prima ricostruzione delle zone liberate e alla prima sistemazione dei reduci. Ed è in questa direzione che il suo significato si proietta in modo inequivoco verso l’assistenza e il soccorso ….
Analizziamo, dunque, brevemente anche il termine Soccorso, alla ricerca della sua esseità semantica.
Soccorrere è nella sua derivazione dal latino, portare aiuto, dare una mano, sovvenire, inteso come assistenza prestata a chi ha bisogno o è in pericolo.
Esiste però nella declinazione storico-sociale dei fatti verbali e dei sintagmi, una varietà di tipologie di soccorso possibili: soccorso marittimo, soccorso alpino, soccorso stradale, …esiste finanche un reparto ospedaliero di pronto soccorso!
Esiste anzi nel nostro ordinamento (e non solo nel nostro) una fattispecie specifica di reato: l’omissione di soccorso (art. 593 c.p. e art. 1158 cod. nav.), reato che si proietta nel dovere civico e umano di solidarietà verso persone in pericolo.
Ma, da una opposta prospettiva, il soccorso si spinge anche sino al sostegno bellico, come invio di rifornimenti, rinforzi o armi (anche a Paesi assunti come alleati in guerra con altri).
I soccorsi, dunque, possono essere al plurale come le guerre, ma c’è un soccorso che certamente può preludere alla solidarietà al singolare proiettata verso il singolare di Pace ….

3. Chi mi sta ascoltando e/o mi leggerà, si starà chiedendo che senso abbia questo mio discorso e questa analisi. Spero di riuscire a rendere tutto più chiaro tornando in genesi e cercando di fare sintesi, ma ricapitolando da una diversa prospettiva.
Come sostenuto dal magistero pontificio a partire da Giovanni XXIII[8], la Pace richiede quattro condizioni essenziali[9] (sempre quattro come le quattro parole oggetto di questo intervento e del Convegno). Le condizioni (o meglio, i pilastri) sono: la libertà, la giustizia, la verità e l’amore[10].
Nelle guerre mancano tutte e quattro i pilastri. Soccorso e solidarietà, invece, se espressione di libertà possono essere genesi del processo necessario per la Pace: il soccorso libero porta all’amore verso il prossimo (la parabola evangelica del buon samaritano ne è l’emblema); e la vera libera solidarietà è giustezza, fonte di giustizia, come ormai riconosciuto anche da filosofi del diritto fondamentalmente laici[11] (per semplificare utilizzando ancora l’ethos evangelico, che già in altro scritto ho ricordato: «amerai il prossimo tuo come te stesso; cioè sarai Giusto con lui: mettendoti giù – Giusto … sto giù -  mettendoti giù vedrai cosa vorresti tu, se fossi nella posizione dell’altro che osservi e gliela darai, se puoi. Così vedrai la vera Giustizia e guardando dritto verso Lei, saprai qual è il Diritto che a lei porta»[12], con il superamento di ogni conflitto).
Ma per conseguire la pace, come detto, non è sufficiente far tacere le armi; occorre essere veramente liberi: infatti non si dà pace fra gli uomini se non vi è pace in ciascuno di essi[13]; ma occorre anche essere liberi di educare alla Pace, di educare con l’esempio; e soccorso e solidarietà sono certamente la strada più consona per un facile apprendimento.
La solidarietà evidenzia almeno una verità non discutibile sul modo di essere dell’essere uomo: la sua propensione all’empatia (i famosi neuroni specchio scoperti da uno scienziato italiano[14]). E se i conflitti anche bellici sono parte di ognuno di noi con ramificazioni profonde nel nostro cervello, nella nostra genetica, nelle nostre emozioni, persino nei nostri ormoni[15], per cui la metafora della guerra è spesso funzionale all’uso manipolativo nei discorsi di etica e bioetica pubblica in modo che per paura nessun sacrificio possa ritenersi eccessivo o vano[16], occorre stimolare la parte migliore del nostro cervello (i processi dei neuroni specchio non sono solo innati, vanno stimolati eccitandoli nel lobo dell’insula[17]) e creare le condizioni sociali affinché si superino le guerre che sono un fenomeno multifattoriale e che richiede che sia studiato a fondo il contesto complessivo per prevenirle e creare le condizioni sociali affinché non si verifichino, educando e condividendo valori[18]… come in altra dimensione insegnano le neuroscienze della genetica comportamentale[19].
Qual è la Verità evolutiva dell’umanità alla ricerca della sua Paideia: le guerre al plurale o la pace (al singolare) dei popoli?
C’è più gioia nel dare che nel ricevere: non è solo una massima degli Atti degli Apostoli (20,35); è anche il risultato cui è pervenuta la c.d. psicologia positiva [20].
Non sembra allora privo di fondamento che soccorso e solidarietà in tempo di guerra o di guerre, siano la strada maestra per la genesi della vera e duratura Pace tra le Popolazioni.
E questo credo sia il compito che deve accomunare tutte le istituzioni di cui facciamo parte e che in questa sede rappresentiamo.
Attilio Gorassini


[1] Il presente scritto è sostanzialmente la relazione svolta al convegno organizzato dal Comune di Santo Stefano, UNUCI e Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria, svoltosi a Gambarie d’Aspromonte l’11 agosto 2024.
[2] Come credo farà chi interverrà nel settore del diritto internazionale con le proprie specifiche competenze dopo me in questo incontro.
[3] Considerando la ratio già evidenziata da Aristotele e S. Agostino: v. M. Walzer, Guerre giuste e ingiuste, Laterza 2009. Ma anche C. Bresciani- L. Eusebi (a cura di), Ha ancora senso parlare di guerra giusta? , EDB 2010 e l’enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco del 2020.
[4] J. GALTUNG, Peace by peaceful means: peace and conflict, development and civilization, London 1996 (in italiano, Pace con mezzi pacifici, Esperia, 2000).
[5] Come potenziale positivo illimitato degli uomini con il potere di cambiare in meglio la propria vita e la vita degli altri: cfr. M. D. SACCHET- J.A. Brewer, Al di là della mindfulness, in Scienze settembre 2024, 83 ss.
[6] C.M. Martini, Pace, in Dizionario di dottrina sociale della Chiesa, https://www.dizionariodotrinasociale.it/Voci_fondamentali/Pace.html
[7] È nel XVII secolo che solidarietà assume il suo significato moderno. Ma è solo nell’Ottocento che il termine tecnico del diritto romano “in solidum obligari” diventa in francese solidarietà (senza peraltro perdere il suo originario significato giuridico). La Costituzione italiana pone espressamente la solidarietà tra i valori fondamentali (a differenza di altre Carte) e ciò rappresenta un lungo percorso in esito al quale il valore corrispondente è stato trasposto dal piano etico religioso filosofico, a quello politico e infine a quello giuridico-costituzionale: v. F. Giuffrè, Alle radici dell’ordinamento: la solidarietà tra identità e integrazione, in AIC n.3 2019, 555 ss.
[8] Pacem in terris (de pace omnium gentium in veritate, iustitia, caritate, liberate constituenda), Roma, 11 aprile 1963.
[9] V. Catechismo della Chiesa Cattolica, Libreria Vaticana 1992, 565 ss.; DOCAT, Che cosa fare, Milano 2016, 252 ss.; P.K.A. Turkson, I messaggi per le giornate mondiali della Pace, in M. D’Avino – U. De Siervo, La Pace Necessaria, AVE 2017.
[10] “A tutti gli uomini di buona volontà spetta un compito immenso: il compito di ricomporre i rapporti della convivenza nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà” Giovanni XXII, cit., n. 87.
[11] V. ad es. M. La Torre, Giudizio giudice cittadino. Idee per una fenomenologia della pratica giuridica, in Questione Giustizia 2024, 186 ss.
[12] Dignità della persona e conflitti di bilanciamento, in Diritto europeo e legalità costituzionale a trent’anni dal volume di Pietro Perlingieri, Napoli 2024.
[13] “Il Signore è la nostra pace. È Lui la nostra pace e noi, se vogliamo goderla, dobbiamo muoverci, perché la pace solo sul piano etimologico è sedentarietà, quiete, è starsene seduti. Si dice: sto seduto, sto in pace. Ma per trovare la pace bisogna soffrire, sacrificarsi. Per trovare la pace bisogna essere in lotta, bisogna essere in guerra con sé stessi” Tonino Bello, Da che parte sta’ Dio, il lieto annunzio ai poveri, ed. San Paolo 2014.
[14] G. Rizzolati -A. Gnoli, In te mi specchio, per una scienza dell’empatia, Rizzoli 2018.
[15] Come evidenzia ad es. Mari Christine Fitzduffin un recente libro, Cervelli in guerra, Neuroscienze del conflitto e del peacebuilding, Torino 2022.
[16] Cfr. L. Forni, La responsabilità del linguaggio sulla pandemia. Covid-19 e la metafora della guerra, in Riv. Fil. Diritto, 2024, 213 ss. che considera il richiamo alla guerra inappropriato e pericoloso.
[17] Nella sua relazione con l'altro il soggetto che prova empatia impara soprattutto a conoscere se stesso; infatti cercando di comprendere la prospettiva dell'altro arricchiamo la nostra immagine del mondo, usciamo dallo stretto perimetro delle nostre convinzioni per accedere ad una comprensione multidimensionale della vita (v. M. Mazzocco, Elogio della semplicità, Queriniana 2024, 114.
[18] Cfr. M. Martello (a cura di), Il senso della mediazione dei conflitti, Giappichelli 2024.
[19] E sarà presumibilmente evidenziato da altri relatori che interverranno in questo convegno.
[20] G. Cucci, La psicologia positiva. Uno sguardo differente sulla vita, in Civ. Catt. 2024, 212 ss.